Breve riflessione sulla situazione carceraria italiana ai tempi del Covid ed il contributo di Integra Onlus…

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DON GINO - MASSERIA

La crisi sanitaria mondiale, scaturita dal covid-19, sta colpendo in maniera diseguale i Paesi e le popolazioni, in primis i soggetti più a rischio di emarginazione, come tutto il mondo penitenziario e, in particolare, i detenuti. L’ultimo accorato appello di Rita Bernardini, Presidente dell’Associazione “Nessuno Tocchi Caino”, al di là di ogni valutazione politica, rappresenta un atto di civiltà giuridica, come peraltro le altre denunce avanzate dalla stessa Lidu.

Questo in un Paese come l’Italia che è stato già condannato dalla stessa Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, per le detenzioni inumane nelle nostre carceri dove, va ricordato, la maggioranza degli ospiti sono ancora in attesa di giudizio, non condannati in via definitiva.

Un appello aperto, raccolto da personalità politiche come il senatore Manconi e scrittori come Veronesi e Saviano, e sostenuto anche con il ricorso allo sciopero della fame. Un atto civile di protesta e di disobbedienza che va condiviso, specie in questa drammatica fase di emergenza sanitaria e socio-economica.

Proprio nella patria di Cesare Beccaria si deve tornare a parlare di giustizia giusta e non solo di certezza della pena, spesso citata come per i migranti più per finalità propagandistiche, dimenticando però l’umanità ed il recupero necessario dei detenuti, specie di reati minori, alla società esterna.

Occorre, in tal senso, riprendere il confronto, non ideologico, su misure concrete che possano portare, anche gradualmente, al miglioramento di una situazione che oggi è quasi esplosiva. Le proposte di riforma, formulate negli anni da tanti giuristi sono disponibili e praticabili, senza intaccare i cardini dello stato di diritto e della legalità, escludendo dalle misure alternative chi si è macchiato di gravi reati con la criminalità organizzata, di stragi o di particolare gravità sociale come la violenza contro le donne, purtroppo ancora tragicamente attuale nel nostro “Bel Paese”.

Quindi misure possibili ed equilibrate, che non sollevino allarme sociale, ad esempio anticipando il fine pena, soprattutto per chi è prossimo all’uscita dalle carceri. Inoltre potenziare anche le altre misure alternative, e premiali della buona condotta, con il reinserimento graduale nella società esterna, potenziando il livello formativo e lavorativo dei detenuti, ridando loro una speranza ed un futuro dignitoso.

Integra Onlus, da diversi anni, ha ospitato, nella sua masseria “Li Cerri” di Cavallino in Puglia, alcuni detenuti, soprattutto stranieri (che rappresentano la maggioranza della popolazione penitenziaria del nostro Paese), condannati per reati minori o di droga le cui pene detentive, se vi fossero specifici accordi in tal senso, potrebbero essere scontate nei rispettivi Paesi di origine alleggerendo così il peso nelle nostre carceri; continuando alla masseria l’opera iniziata da Don Gino De Filippo che ha salvato centinaia di tossicodipendenti e del quale è decorso il 30 Dicembre il settimo anno dalla scomparsa

Non da ultimo il tema delle donne in carcere che, anche se un’estrema minoranza della popolazione carceraria, sono in particolare sofferenza perché spesso vittime di soprusi e di violenze, oltre alla difficile gestione dei figli.

Un tema di civiltà universale, che proprio nell'”Europa dei Diritti “sembra dimenticata o nascosta, anche in Paesi come l’Albania, che chiede di entrarvi, dove le donne nelle carceri di Tirana chiedono di essere aiutate, per ritrovare la speranza e la redenzione di una nuova vita. Un appello cristiano che dovrebbe essere raccolto da tutti gli uomini di buona volontà.