Il J’Accuse di Gnesi: «Dove sono la Chiesa, i sindaci, gli intellettuali. I profughi sono uomini e donne»

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Caro direttore ,
la vicenda dell’ospitalità gratuita offerta ad un gruppo di profughi che stanno cercando una struttura stabile per l’alloggio e il programma di integrazione ed inserimento sociale merita qualche (amara) riflessione.

Ad alcuni commentatori occorre addirittura ribadire il principio che aldilà delle classificazioni sociologiche o della veste giuridica i profughi sono anzitutto uomini e donne.

Una considerazione che per i principi laici della costituzione o per i valori religiosi del cristianesimo dovrebbe essere il punto di partenza per qualsivoglia giudizio.

Mi trovo al centro di polemiche infuocate e illogiche solo per il fatto di aver consentito a 40 poveri ragazzi africani di soggiornare a Pastena e di offrire loro servizi igienici e una doccia per potersi lavare ogni giorno.

Giudizi sprezzanti che lasciano intuire come alcuni giovani abbiano buttato via il loro tempo andando a scuola senza minimamente informarsi di come è cambiato il mondo e che forse alcune idee potevano andar bene prima della guerra di secessione americana avvenuta alla fine dell’ottocento.

Soldi sprecati per acquistare libri che non hanno mai sfogliato se ancora qualcuno rivendica gli spazi usurpati ed occupati dai “neri” come se l’emancipazione dalla schiavitù, il martirio di Martin Luther King e la prigionia di Nelson Mandela fossero solo curiosità da settimana enigmistica.

Fare l’elenco delle cose che non funzionano in Italia è cosa giusta ma la corruzione della politica, il disastro ambientale, le ruberie nella pubblica amministrazione o l’epopea della Salerno – Reggio Calabria non sono danni provocati dagli immigrati.

Questo è la sfida di questo secolo perché comunque immense masse dalle zone povere dell’Africa si sposteranno verso le società più ricche ed evolute a prescindere se ci sia la guerra, la carestia o la persecuzione religiosa.

Non è pensabile immaginare che altri risolveranno questo problema o che altrove troveranno le soluzioni adeguate perché tutti saremo chiamati a dare un contributo e a confrontarci con questa nuova realtà.

Anche nella vicenda che in questi giorni ci ha portato sotto i riflettori appare dominante la filosofia dello scarica barile e la condotta ipocrita di coloro che non avendo il coraggio di dichiarare apertamente di non gradire i profughi si avventurano in disquisizioni collaterali riguardanti l’idoneità dei locali occupati o l’agibilità dei servizi igienici.

Vero che c’è un business che si alimenta con l’emergenza umanitaria, vero che esistono speculazioni e affari trasversali tra cooperative e apparati della pubblica amministrazione ma è altrettanto evidente che esistono realtà sane e impegnate nel l’accoglienza, nel recupero e nell’integrazione sociale dei migranti africani.

Esistono tre anelli deboli di questa complessa situazione che alimentano l’intolleranza, il rifiuto e la rabbia nei riguardi degli stranieri.

La politica che non pensa, anzi rincorre la protesta della piazza per non perdere voti e consenso. Nessuno dei colleghi sindaci ha voluto esprimere solidarietà e comprensione ed è scientificamente appurato che con una telefonata o un sms è impossibile contagiarsi!

La chiesa che non parla e nelle tante parrocchie esistono parroci omologati alla paura e al quieto vivere e pertanto ritengono strategico non affrontare questi temi per non far scappare i pochi fedeli che si recano a messa.

La chiesa muta dinanzi a tante autorità pubbliche che occupano i primi banchi nelle celebrazioni ufficiali, sfilano in processione e poi dimenticano “di amare il prossimo” e di dar “da bere agli assestati e da mangiare agli affamati”

La forze sindacali che non agiscono, intente solo a sistemare i pochi iscritti e anziché difendere i diritti di tutti mirano a salvaguardare i privilegi di pochi.

Mancano gli “intellettuali” capaci di interpretare i fenomeni sociali, di dare un indirizzo alle forze politiche e di suggerire comportamenti e linee guida all’opinione pubblica.

In questo deserto culturale è ovvio che anche “i cacciatori di Pokemon” possano insultare i profughi, calpestando anni di evoluzione culturale e di emancipazione sociale.

Penso di aver fatto solo il mio dovere e di aver dato un contributo alla discussione e uno stimolo a non far ritorno alla “civiltà dei barbari”.

 

Fonte: alessioporcu.it