“La solidarietà al tempo del corona virus non dimentichi il terzo settore”, l’appello di Klodiana Cuka, presidente di integra onlus, “non siamo figli di un dio minore”.

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L’emergenza del Covid-19, sta sconvolgendo il mondo con una pandemia sanitaria, che rischia però di contagiare l’intera economia del pianeta, pagando un prezzo altissimo sul piano sociale, accentuando squilibri e diseguaglianze drammatiche. Tutti gli analisti, con diversi accenti, denunciano come dopo “nulla sarà come prima”, sottolineando come il tanto celebrato mercato non farà ripartire le nostre società, senza il ruolo degli Stati e degli organismi internazionali, tanto vituperati come Oms e l’Onu.

Quindi, ora, si impone un progetto globale e condiviso, che, in primis, rafforzi la rete pubblica di protezione sanitaria, ma anche con la fase due, quella economica e sociale, all’interno di un rinnovato Patto Europeo. Come ha proposto la Cisl, bisogna superare gli egoismi nazionali e la sola unità monetaria, con: “cinque piste per ricostruire un’Europa davvero solidale”. In particolare, l’ultima deve ridare centralità al valore della solidarietà, non “una tantum”, ma coniugata con la sussidiarietà verso il privato sociale, riconoscendo al Terzo Settore un ruolo non marginale ed accessorio. Esso, proprio ora, che sta dando un apporto decisivo alla lotta al virus, con i suoi oltre 350 mila soggetti, che animano quotidianamente il tessuto del volontariato italiano.

Quindi, dopo non si potrà tornare ad una piatta normalità, gestita da una burocrazia lenta ed opaca, che rappresenta una vera e propria palla al piede del “Sistema Italia”. Un vero e proprio potere “irresponsabile”, come una casta di intoccabili, autoreferente, che risponde solo ai propri interessi di interdizione, rispetto ad una classe politica mediocre e subalterna. Un’amara verità, che la stessa Integra continua a subire sulla propria pelle, dopo le quotidiane denunce verso i ritardati pagamenti della P.A. e segnatamente del Ministero dell’Interno, di spettanze dovute per la gestione passata dei centri di accoglienza dei migranti, stigmatizzate dagli stessi organismi internazionali.

La stessa voce autorevole del Santo Padre, di fronte allo smarrimento del popolo cristiano, ha richiamato alla fede, alla speranza, ma altresì alla giustizia umana, con La vicinanza vera, non retorica, verso tutti i soggetti fragili e vulnerabili della società, dagli anziani alle donne e soprattutto ai milioni di minori immigrati, abbandonati, come denuncia l’Unicef-Italia. Questi ultimi, rifugiati dai teatri di guerra in corso, come la Siria, premono ora sui confini dell’Unione Europea, con casi di vessazioni e maltrattamenti, da parte delle guardie di confine, che ricordano le pagine più buie dei totalitarismi passati. L’Avvenire ha titolato emblematicamente: “In fuga dalle retate per Covid”- Gli immigrati ammassati in centri detentivi, col pretesto del virus, tornano a percorrere la rotta balcanica”.

Mentre nell’Italia dove vigono ancora i “Decreti Sicurezza”, gli immigrati sono abbandonati al loro destino, facendo chiudere Sprar e Cas. Se questa è l’Europa sognata dai suoi fondatori, forse è meglio uscire da questo incubo, con una nuova idea di Unione, che non premi solo il mercantilismo, il nazionalismo ed il populismo più deteriore, che brutalizza le minoranze e le dissidenze. Quindi occorre un nuovo modello di sviluppo umano, con la tutela intransigente dei diritti inalienabili dell’uomo, come richiesto con forza dalla stessa Lidu, a cento anni dal suo congresso fondativo di Parigi. Come afferma l’Accademia Pontificia di Scienze Sociali, accanto a quella pregevole dell’Università Gregoriana, quando la pandemia sarà superata si rischia di avere: “una cultura darwiniana, che usa consumi e tecnologie per selezionare la popolazione e creare un mondo di fantasmi e cyborg”.

Questa non è la resurrezione dell’umanità ferita, che deve ritrovare un nuovo umanesimo, con la solidarietà e la cooperazione internazionale centrali nei modelli di sviluppo socio-economici, per combattere fame e miseria, contro tutte le diseguaglianze e supremazie. In vista della festa del Primo Maggio sottoscriviamo così il messaggio della CEI per: “Il lavoro in un’economia sostenibile”, superando tutte le culture dell’emergenza, da quella climatica a quello dello sviluppo equo e solidale, che crei un’occupazione vera, dignitosa e sicura per ogni essere umano.

“Il Signore Dio pose l’uomo nel giardino dell’Eden, perché lo coltivasse e lo custodisse” (Gen 2,15).

Klodiana Cuka

Presidente Integra Onlus