Le politiche migratorie post-emergenza: il 2021 apra una nuova stagione nei diritti umani e nella cooperazione internazionale.

La sfida che attende l’intero pianeta nel dopo pandemia è decisiva per l’intera umanità, sul piano culturale prima che sociale ed economico: bisogna ricostruire un nuovo ordine mondiale, attraverso una rinnovata visione multilaterale dei rapporti internazionali, che riduca in primo luogo le enormi diseguaglianze che il coronavirus ha moltiplicato, non solo tra Paesi ricchi e quelli poveri, ma anche al loro interno ,dove sono cresciute vecchie e nuove povertà, lenite in primo luogo dalla Chiesa e dalle sue opere, come la Caritas.

Un grande cantiere da aprire, con le migliori risorse umane ed intellettuali, non solo tecnocratiche, ma anche espressione del ricco mondo del volontariato, laico e religioso, che ha costituito anche  la prima linea per combattere il virus, non solo negli ospedali, ma anche nei quartieri ed al servizio  delle famiglie bisognose.
In particolare nel nostro “Bel Paese”, bisognerà richiamare le migliori stagioni di rinascita nazionale, con la concordia e la responsabilità generale, come ha ricordato recente mente lo stesso Pontefice, combattendo la sfiducia e l’egoismo, per aiutare prima chi soffre.

L’Italia va così riportata ad una sua fase costituente, attraverso un nuovo umanesimo, con la centralità della persona, superando l’iperstatalismo burocratico, con un rinnovato slancio dell’iniziativa del privato, specie sociale e con la tutela prioritaria dei milioni di soggetti più fragili e vulnerabili: anziani, giovani e donne. Un ripensamento globale, a partire dal diritto alla salute per tutti, rafforzando la medicina territoriale, che va però incardinata in una nuova P.A., con più incisive politiche di sviluppo e di lavoro, capaci di investire le ingenti risorse europee del “Recovery Fund,” da non disperdere in mille rivoli, ma in grandi infrastrutture materiali e sociali, per rilanciare l’Italia nel decennio 2020 – 2030.

Da qui la ripresa di un nuovo ruolo del nostro Terzo Settore, che come
afferma il Prof. Zamagni deve essere coinvolto fin dalla progettazione per il “Piano Nazionale di Resilienza e Ripresa”. In tal senso gli esempi di grandi Paesi come la Germania e la Francia, sono indicativi, che hanno destinato i due terzi degli investimenti proprio per l’economia sociale. Una scelta di campo, coraggiosa, innovativa ed ecosostenibile, per arrestare il declino in atto, che andrebbe raccolta a partire dalle nostre istituzioni e forze politiche, superando le sterili dispute ideologiche o i richiami a sovranismi nostrani, del tutto anacronistici, per rianimare una rinascita generale, a partire da uno stato sociale, ora segnato da diseguaglianze gravissime.

Una strategia organica e prioritaria, che superi le logiche di interventi a pioggia, con mance e bonus, dal chiaro sapore elettoralistico, con progetti ed investimenti mirati al futuro produttivo ed alle nuove generazioni. Le associazioni di Promozione Sociale come Integra Onlus sono sempre qui a combattere
per queste battaglie di civiltà, con tenacia e coerenza, contro l’oscurantismo dei vecchi decreti
sicurezza, “giallo-verdi “, aspettando ancora le loro modifiche, per rilanciare nuove politiche migratorie, basate più sull’integrazione responsabile dei migranti, con la promozione di tutte le loro diversità, utili alla generale crescita del nostro Paese, attraverso l’autentico “Bene Comune”.

Un vero e proprio salto culturale ed operativo, che in primo luogo riformi una P.A. opaca ed inefficiente, che tra l’altro lascia in agonia tante realtà associative, che reclamano da tempo i loro diritti di essere risarcite dei servizi resi alla collettività, spesso in ultima istanza appellandosi ai tribunali nazionali.

Quindi come ribadito dallo stesso Forum del Terzo Settore la vera riforma è la “Sussidiarietà Orizzontale”, che imponga un ruolo paritario tra la P.A., a tutti i livelli e le associazioni, con un ruolo complementare, fin dalla programmazione degli interventi socio-economici, con la piena applicazione delle norme varate dal “Codice del Terzo Settore”, a partire dai suoi articoli 55 e 56. La stessa Corte Costituzionale ha riconosciuto come le nostre risultano espressioni di attività ed interventi di libertà sociali (garantite dall’art. 2 della Carta), con il princìpio di sussidiarietà (ex art. 118 della Costituzione), in quanto posto in essere da soggetti privati, che però operano per obiettivi di utilità collettiva e di solidarietà sociale.

Quindi il mondo del volontariato potrà così acquisire finalmente un profilo più completo, come le associazioni di promozione sociale, investendo la propria azione in tanti campi del mondo del lavoro, al di là della storica funzione di tutela dei diritti umani ed in particolare dei migranti. Qui va superata la logica di un accoglienza “ghettizzata”, con misure di reale programmazione dei flussi e con un’accoglienza ed integrazione culturale del beneficiario, in primis attraverso i corsi di italiano e di formazione al lavoro.
In conclusione le strategie di crescita devono risultare integrate, a partire da quella europea, senza compartimenti stagni o chiusure nazionalistiche, sanzionate dalla stessa Corte di Giustizia, per garantire comunque l’accesso a procedure di riconoscimento della protezione umanitaria internazionale, per tutti i migranti sbarcati sulle nostre coste.

In tal senso la cooperazione internazionale resta un tassello fondamentale in tale quadro europeo e nazionale, a partire dal continente africano, ma anche verso i Balcani, da integrare stabilmente nell’Unione Europea. In particolare la cooperazione bilaterale dell’Italia con tutti queste realtà, sui vari temi dell’agenda, dal clima alle migrazioni ed alle politiche di sviluppo, risultano vitali per stabilizzare gli stessi scenari istituzionali e politici, di tanti Paesi in perenne transizione, come l’Albania , ma ancor più le fragili democrazie arabe, uscite dai moti popolari del 2011, che  tante speranze, ora deluse, hanno acceso in quelle popolazioni, con  i tanti giovani e donne in cerca di un futuro migliore.

Purtroppo tanto tempo è stato perso, pensando più a soluzioni singole o tattiche di posizionamento geopolitico di alcuni Paesi, dal passato coloniale, ma non della intera Unione Europea, sorda ai richiami dello stesso Cese (Comitato Economico e Sociale Europeo), che aveva elaborato un documento sulle migrazioni della regione euro-mediterranea, chiedendo un grande piano di sostegno attivo e concreto per lo sviluppo di quei territori così strategici, non solo per le loro fonti energetiche. Se questo si fosse fatto, ora forse non assisteremmo nel “giardino di casa” alle presenze ingombranti di potenze straniere, come la Russia o la Turchia.

Quindi le agende  europea ed italiana, vanno sincronizzate su politiche condivise ed integrate, restituendo all’Italia il prestigio di un Paese fondatore della U.E. e naturale ponte per  le relazioni con tutti i Paesi rivieraschi: da quelli mediterranei a quelli del mare adriatico, accomunati dalle comuni origini storiche, culturali e di fratellanza tra i loro popoli, che qui spesso si sono integrati e valorizzati, con una loro forza civilizzatrice, capace di allargare la propria missione nel mondo, secondo il motto di Sant’Ignazio di Loyola: “Prega come se tutto dipendesse da Dio e lavora come se tutto dipendesse da Te”.

Klodiana Çuka,
Presidente Integra Onlus