“MONUMENTO KATER”

“Il giornalista pugliese Alessandro Leogrande -vice direttore del mensile “Lo straniero”- ha pubblicato un articolo sulla Kater I Rades e sul progetto di farne un monumento. Un’iniziativa che partita dalla Presidente di Integra Onlus, renderr onore alla memoria di tutte le vittime innocenti ingoiate per sempre nel Mediterraneo. Un’occasione non solo per non dimenticare, ma anche per condividere un senso di umanitr che va ben oltre ogni limite geografico”.

La Kater I Rades, la motovedetta albanese naufragata nel Canale d’Otranto la sera del Venerdì santo del 1997, non verrà rottamata. Come molti auspicavano, sarà trasformata in un monumento alle migrazioni. Per una singolare coincidenza, la notizia giunge proprio negli stessi giorni in cui si celebra il ventennale dell’approdo della Vlora nel porto di Bari.

Il viaggio della Kater fu determinato da motivi diversi da quelli che suscitarono i primi viaggi verso la Puglia nel 1991. Alle spalle di quei viaggi sul finire degli anni novanta non c’era più l’immediata caduta della dittatura albanese e la voglia irresistibile (in un paese affamato di aria libera) di raggiungere l’Occidente a poche miglia di mare. I viaggi del ’97 furono determinati dal crollo delle società finanziarie, in cui tantissimi albanesi avevano riposto i loro risparmi, e dalla violenta guerra civile che ne seguì, in un paese ormai sconquassato e diviso in due.

L’affondamento della Kater I Rades causò la morte di 81 persone, una parte delle quale donne e bambini. I sopravvissuti furono solo 34. 5 corpi furono recuperati dal mare subito dopo il disastro; 52 dalla stiva-tomba molti mesi dopo, dopo che il relitto venne recuperato dal fondo del Calane d’Otranto. 24 corpi non sono mai stati ritrovati.

A determinare il naufragio non furono delle “cause naturali”. Non fu il mare in tempesta, né le condizioni dell’imbarcazione, per quanto gli scafisti avessero imbarcato oltre cento persone in una motovedetta di poco più di venti metri. La Kater (come confermato recentemente dalla Corte d’Appello di Lecce) fu speronata da una corvetta della Marina militare italiana, la Sibilla, impegnata in operazioni di respingimento in alto mare.

In tutti questi anni, il relitto è rimasto in un angolo di Forte a Mare, a due passi dal porticciolo turistico di Brindisi. Ogni possibile perizia è stata fatta anni fa, mentre nel frattempo la struttura si è arrugginita. Il 29 giugno scorso, pronunciando la sentenza di secondo grado, la Corte d’appello ne aveva decretato la rottamazione.

Nei mesi precedenti si era tentato di organizzare un trasferimento del relitto il Albania. Il comitato che raccoglie i sopravvissuti e i famigliari delle vittime avrebbe voluto farne un monumento a Valona, nella città da cui la motonave era partita. I famigliari degli scomparsi avrebbero voluto vedere realizzato un momento in onore di tutti i morti del lungo esodo verso la Puglia, non solo in onore dei propri cari, morti nel ’97. Ma non se ne è fatto niente. Pare che i costi, valutati informalmente, fossero esorbitanti. La Kater non galleggia più. Per trasportarla in mare, si sarebbe dovuto imbracarla in una apposita struttura o caricarla su una nave ancora più grande.

La buona notizia è arrivata pochi giorni fa. Grazie all’interessamento  dell’associazione salentina Integra, presieduta da Klodiana Çuka, e alla disponibilità del sindaco di Otranto Luciano Cariddi, la Kater verrà trasportata da Brindisi nella città idruntina. Il monumento quindi sarà fatto in Puglia. Dice il sindaco Cariddi: “Il nostro vuole essere un atto di testimonianza, in ricordo di tutte le vittime dell’emigrazione verso l’Italia.”

Il costo di trasferimento del relitto da Brindisi a Otranto verrà sostenuto da una cordata di imprenditori. Contestualmente, grazie all’intervento di Luigi De Luca, direttore dell’Istituto di culture mediterranee della provincia di Lecce, è stata coinvolta la Biennale Giovani Artisti del Mediterraneo per elaborare un progetto di restauro e di trasformazione in monumento della piccola imbarcazione. L’operazione sarà supervisionata dallo scultore Michelangelo Pistoletto. Il trasferimento dovrebbe avvenire agli inizi di settembre. Il lavoro artistico dovrebbe avere inizio subito dopo.

Insomma, il recupero della Kater I Rades sembra un modello positivo di intervento civile dal basso. È un intervento che mette insieme costi contenuti e un’eccellente supervisione artistica, e che – soprattutto – ha uno straordinario significato simbolico.

Non è solo la memoria civile a nutrirsi di monumenti. È il discorso pubblico nelle sue infinite sfaccettature ad averne bisogno. È l’analisi del proprio recente passato a pretendere che ciò che è accaduto non venga “rottamato” ma si sedimenti in luoghi, oggetti, costruzioni, opere d’arte con cui interagire. Opere da pensare e da vivere quotidianamente. Che nell’Italia odierna si faccia un monumento alle migrazioni del Mediterraneo, ai viaggi della speranza, ai morti di tutte le tragedie dimenticate, è un piccolo segnale di ribellione all’assuefazione. Chi ricorda davvero le decine, le centinaia di morti a sud di Lampedusa nel solo ultimo anno? Il monumento di Otranto sarà anche per loro.

E poi c’è il rapporto Puglia-Albania, giustamente ricordato in questi giorni, nel ventennale del viaggio della Vlora. Ciò che stiamo commemorando è la caduta della “cortina di ferro” in questo spicchio meridionale del continente, la riunificazione delle due Europe lungo l’Adriatico. Affinché questa non rimanga un’operazione astratta, è opportuno intensificare la creazione di una memoria condivisa, anche intorno ai drammi del recente passato. Il tragico affondamento della Kater I Rades, quella che in Albania chiamano ancora la “tragedia del Canale d’Otranto”, li racchiude tutti.