Naufragio. Morte nel Mediterraneo di Alessandro Leogrande

Con Naufragio. Morte nel Mediterraneo, Alessandro Leogrande ricostruisce una nobile pagina della nostra storia.

Erano quasi le sette di sera del 28 marzo 1997, venerdì di Pasqua. In Albania c’era la guerra civile, scatenata da una gigantesca truffa finanziaria che si era mangiata i soldi dei risparmiatori. La gente scappava come poteva e dall’altra parte del Canale d’Otranto, in Italia, la paranoia dell’invasione albanese montava. Alle 18.57 la Kater I Rades, una piccola motovedetta in disarmo partita da Valona stracarica di profughi, veniva speronata dalla corvetta della Marina militare italiana Sibilla e colava a picco: 57 morti, 24 dispersi e 34 superstiti.

L’autore del nostro libro è di Taranto, ha 34 anni e nonostante viva da tempo a Roma, dove è vicedirettore della rivista di Goffredo FofiLo Straniero, continua a perlustrare le zone d’ombra della sua regione: nel 2008, con Uomini e caporali, aveva raccontato la schiavitù del bracciantato nelle campagne pugliesi e, nel 2003, con Le male vite, il contrabbando di sigarette sulle coste adriatiche.

Per scrivere questo libro, è andato in Albania a parlare con i superstiti e ha capito che dal trauma del naufragio non si esce. Inoltre, i particolari e i seguiti di questa tragedia sono risultati – come al solito per l’Italia – misteriosi: sparite o manomesse alcune registrazioni delle conversazioni tra le centrali operative e le navi, incompleto il filmato sulle manovre della Sibilla, liquidato come inaffidabile l’unico testimone che incrinava il muro di gomma innalzato dallo Stato maggiore della marina, impuniti gli ammiragli, condannati invece – ma con pene lievi – i capitani della Sibilla e della Kater I Rades, per un concorso di colpa più da incidente stradale che da strage.

Il testo è tratto dall’articolo di Paola Zanuttini sul Venerdì di Repubblica pubblicato il 21-10-11

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